Non è possibile stabilire con certezza quando venne utilizzato il pane per la prima volta. Non esistono leggende, storie o documenti che ci informino al riguardo. Certamente tra Paleolitico e Neolitico (10.000 - 9.000 a. C.) ci furono i primi rudimentali tentativi di coltivazione dei cereali tra i quali il grano. La pianta sembra originaria del bacino orientale del Mediterraneo anche se poi si è estesa in ogni area geografica ben adattandosi sia ai climi caldi che a quelli freddi. Sembra che il primo cereale a convertirsi in pane sia stato l'orzo, forse la più antica graminacea, assieme al miglio, conosciuta dall'uomo.

Un altro tentativo di panificazione fu fatto con il miglio, dall'elevato potere nutrizionale, che, dai tempi lontani ad oggi, in Africa e nelle regioni caldo-aride dell'Asia meridionale trova larga diffusione in una specie di tortino. La segale (cereale dotato di buone caratteristiche panificatorie) era conosciuta, insieme all'avena, già nell'età del Bronzo. È il frumento che, da sempre, è destinato a conoscere il maggiore e più duraturo successo, dovuto in gran parte alla sua attitudine alla panificazione.

Per quanto riguarda la coltivazione del grano attuata volontariamente essa risale, come si è detto, a tempi piuttosto remoti. All'inizio i cereali, interi o frantumati, venivano mangiati crudi; in seguito si imparò a tostarli. La torrefazione non solo ne migliorava il sapore e la digeribilità, ma facilitava la conservazione impedendo il formarsi di muffe. Si cominciò, poi, a pestare il grano secco in un mortaio o a frantumano utilizzando una base di pietra levigata larga e pesante (levigatoio) sulla quale venivano depositati i grani che si schiacciavano con un'altra pietra tenuta nel pugno (macinello). Il risultato di queste operazioni era una farina grezza di grossa grana che veniva impastata con acqua e consumata. La scoperta del pane, con ogni probabilità, avvenne in modo casuale quando, lasciata la poltiglia di acqua e farina vicino al fuoco, ci si accorse che induriva cambiando sapore.

Quel pane duro non lievitato e senza una forma definita non aveva nulla in comune con quello di oggi, ma da lì iniziò la sua evoluzione come alimento, I primi panificatori dell'antichità furono gli Egizi ai quali si deve non solo la costruzione dei primi forni con volta a cupola, che consentivano la cottura a temperature più elevate, ma anche la scoperta della lievitazione naturale. Fu, infatti, in Egitto che ci si accorse che, lasciando riposare l'impasto per qualche tempo, il pane diveniva più leggero e voluminoso e dopo la cottura più soffice e spugnoso. Presso gli antichi Egizi, il pane acquistò per la prima volta un valore economico e sociale essendo utilizzato come moneta per pagare il salario tanto del contadino quanto delle più alte cariche dello Stato e divenendo simbolo di distinzione sociale.

In Grecia la tecnica di panificazione fu notevolmente migliorata sia nella costruzione dei forni sia nella varietà aggiungendo nuovi aromi e spezie fino a produrre circa 72 tipi diversi di pane (al latte, al miele, speziato, ecc.) i cui nomi prendevano origine dalle forme, dal tipo di cereali usati, dagli ingredienti e dal modo di cottura. Alla base di questa grande diversificazione panaria vi era la necessità di saper distinguere le varie forme di pane da destinare nei voti e nei riti delle diverse divinità. Furono i Greci ad istituire i primi forni pubblici e le prime associazioni di panificatori stabilendo anche le regole per il lavoro notturno dei fornai, Il processo evolutivo proseguì con i Romani che raffinarono la macinazione ottenendo farine più bianche e pure. L'arte del pane si diffuse a Roma dopo la sconfitta del re macedone Perseo ad opera dei suoi schiavi greci che ne importarono la lavorazione.

La panificazione come servizio pubblico sotto il controllo degli Edili fu introdotta a Roma nel 168 a. C. e conobbe un grande sviluppo tanto che ai tempi di Augusto si contavano nella sola capitale più di 400 forni. La cottura del pane era tuttavia praticata anche nei forni domestici delle grandi case private. Durante l'impero Romano, il pane, alimento base per gran parte della popolazione, fu assicurato e imposto da una legislazione apposita, che consentiva a tutti i cittadini di comprare frumento dai granai pubblici a un prezzo inferiore a quello di mercato. L'editto evidenziava che il pane, fatto di farina di frumento, era più sano e preferibile alla polenta e agli impasti di altri cereali allora in uso. La più importante innovazione tecnologica introdotta dai Romani che tramutò la panificazione in una vera e propria attività artigianale, fu il passaggio dalla macina di pietra mossa da animali o da schiavi al mulino azionato dalla forza idrica.

I "pistores", termine latino derivato da "pistrinum" (mulino) che indicava sia i fornai che i mugnai, in relazione al nuovo ruolo si organizzarono in corporazioni. L'esperienza acquisita dai Romani nell'arte della panificazione andò dispersa con la caduta dell'impero e le invasioni barbariche. Si tornò così alla preparazione casalinga del pane. Panetterie di una certa importanza continuarono ad esistere presso i conventi, In epoca feudale furono in uso mulini e forni dei singoli signori, che, per rafforzare il loro potere, li gestivano in regime di esclusiva impedendo ai sudditi di costruirne altri ad uso personale. La maggioranza della popolazione non poteva permettersi di utilizzare il frumento ed era costretta a consumare altri cereali inadatti alla panificazione: l'orzo, l'avena, il miglio, il farro, la spelta, il sorgo che si prestavano meglio ad altre preparazioni.

Anche il pane, che si faceva soprattutto con la segale, aveva un colore, un sapore e una consistenza assai diversi da quelli del frumento.

Nel regime alimentare delle classi meno abbienti i pani poveri di colore scuro, le focacce mal lievitate e le polente di miglio o d'avena avevano un'importanza decisiva. Erano cibi di riempimento che riuscivano ad allontanare lo spettro e la sensazione della fame e fornivano il maggior apporto calorico assieme ad altri farinacei, come le leguminose, le castagne, o le ghiande. Con l'affermarsi dei liberi comuni ricomparvero i fornai come artigiani indipendenti e la panificazione fu regolata da prescrizioni molto rigide. La produzione del pane fu notevolmente migliorata durante il Rinascimento utilizzando farine più raffinate e bianche e innovando il processo di fermentazione con il lievito di birra. Alla fine del XVIII secolo con l'introduzione delle impastatrici meccaniche e altre macchine cominciò la fabbricazione del pane su scala industriale perfezionata in seguito dalla scoperta dei lieviti attuali e dall'introduzione di nuove tecniche di cottura. Così, tra alterne vicende, questo alimento dagli albori della civiltà è giunto sino ai giorni nostri differenziandosi sotto l'aspetto delle caratteristiche qualitative in base alle usanze dei paesi in cui viene consumato ma sempre in grado per la varietà degli ingredienti e la creatività dei fornai di accontentare il palato più esigente. Anche il pane ottenuto con l'impiego di cereali poveri riesce oggi ad avere una notevole attrattiva, fino a comparire, costosissimo, nei banchi delle erboristerie o di cibi naturali, non solo per il venir meno della memoria storica o per il capriccioso desiderio di sfiziosità alternative, ma anche perché la cultura dell'abbondanza consente di trasformarlo in una nuova occasione di piacere.

Certamente l'evoluzione dei cereali e di conseguenza del pane ben si adattano a quella che fu definito il percorso alimentare umano che riassumiamo nella tabella che segue:

Le tappe più importanti della storia dell'alimentazione.
  1. Prima della scoperta del fuoco l'uomo è stato raccoglitore di vegetali cresciuti spontaneamente e cacciatore di animali. In quell'epoca l'uomo era prevalentemente carnivoro, poiché molti vegetali non potevano essere consumati e digeriti crudi.
  2. Con la scoperta del fuoco (circa 300.000 anni avanti Cristo) è nata la possibilità di cuocere i cibi e l'uomo ha inserito molte nuove componenti alimentari vegetali e animali nella propria dieta. Questa rappresenta la prima vera rivoluzione alimentare.
  3. La seconda grande rivoluzione alimentare si è verificata nel. neolitico (circa 10.000 inni avanti Cristo) ed è rappresentata dalla nascita dell' agricoltura. L uomo inizia ad allevare animali ed a coltivare vegetali.
  4. Dal neolitico al secolo scorso non si hanno più mutamenti radicali, ma il perfezionamento dello stesso modello alimentare.
  5. La terza rivoluzione alimentare inizia con le osservazioni sul valore calorico degli alimenti ad opera dello scienziato francese Lavoisier ed è continuata sino alle scoperte più moderne sui significati biologici delle singole componenti nutrizionali e sulle relazioni fra dieta e salute.
In effetti ci troviamo in piena rivoluzione alimentare ed è infatti cronaca di questi giorni l'obbligo di definizione della catena alimentare che documenti l'origine degli alimenti che ci vengono proposti; nonché l'obbligo di indicazione di tutte le sostanze che sono deputate a provocare allergie, intolleranze o possibili sensibilizzazioni.


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